Per occlusioni vascolari retiniche, si intendono quell’insieme di quadri patologici caratterizzati dalla occlusione di uno o più vasi, arteriosi o venosi, che irrorano la retina. Le cause riconoscono una natura embolica o trombotica. Per embolo si intende una massa formata da sangue coagulato, gas o materiale cellulare aggregato circolante. Interessa principalmente i rami arteriosi. Per trombo, invece, si intende una massa solida costituita da fibrina contenente piastrine, globuli rossi e bianchi, che si forma per coagulazione del sangue che interessa principalmente i rami venosi. In seguito alla formazione di emboli o trombi, processo denominato embolia o trombosi, si determina una ostruzione al flusso sanguigno con successiva mancanza di apporto di sangue alla porzione di tessuto retinico interessata. Il mancato afflusso di sangue ad un tessuto viene definito ischemia. Quando viene occluso un ramo arterioso, si avrà un’ ipoafflusso di sangue, con conseguente sbiancamento del tessuto colpito ( occlusione arteriosa ); quando invece si occlude un ramo venoso, si avrà uno stravaso di sangue diffuso, emorragia a scoppio di granata, o localizzato. L’ischemia, sia arteriosa che venosa, innesca una serie di processi riparativi da parte del tessuto colpito atti a fronteggiare la mancanza di sangue e quindi di tutte le sostanze nutritive necessarie. Il primo fenomeno è l’edema retinico, secondario allo squilibrio idroelettrolitico, che apparirà come un sollevamento del tessuto retinico. Successivamente, le cellule danneggiate, rilasceranno mediatori infiammatori e fattori di crescita che stimoleranno la formazione di neovasi atti a ripristinare il flusso sanguigno alterato, fase della neovascolarizzazione.
Questi neovasi sono anarchici e più fragili; nel senso che non seguono la normale citoarchitettura dei vasi normali, e tendono facilmente a sanguinare. Tutto ciò comporta l’instaurarsi di un circolo vizioso, neovaso-emorragia-neovaso, che porta alla morte del tessuto retinico. La diagnosi è affidata all’esame del fondo oculare, all’OCT nel caso di edema maculare ed alla fluorangiografia la quale metterà in evidenza, attraverso la raccolta del colorante (likage), la presenza di zone ischemiche. L’ unica strategia terapeutica è costituita dalla fotocoagulazione laser. Tale procedura prevede l’utilizzo di un laser il quale ha lo scopo di “bruciare” le zone ischemiche al fine di non far rilasciare mediatori neoangiogenetici e quindi impedire la formazione di neovasi. A seconda del distretto vasale distinguiamo occlusioni arteriose e venose.
Le occlusioni arteriose retiniche sono patologie gravi ed invalidanti: è sufficiente un'interruzione dell' afflusso di sangue arterioso alla retina per 10-20 min per causare lesioni irreversibili. La maggioranza delle occlusioni è di natura trombotica o embolica: oltre due terzi delle occlusioni di branca e circa un terzo di quelle centrali sono provocate da emboli.
Le occlusioni arteriose retiniche possono essere divise, in base al sito d'occlusione, in centrali e di branca. Un'occlusione arteriosa centrale si verifica all'interno del nervo ottico mentre l'occlusione di branca si manifesta più distalmente rispetto alla lamina cribrosa del nervo ottico. Essi possono essere costituiti da emboli di colesterolo, emboli piastrino fibrinosi, emboli calcifici o più raramente derivano da metastasi sistemiche, cellule tumorali da mixoma o dopo fratture di ossa lunghe.
L’occlusione della arteria centrale. E' una patologia rara, che colpisce più frequentemente il sesso maschile rispetto al femminile. L'età media di insorgenza è circa 60 anni ed è bilaterale solo nell'1-2% dei casi. In un quarto dei casi si riscontra la presenza di un embolo, a partenza generalmente cardiaca o carotidea. Altre cause possono essere: arterite di Horton, vasculiti infiammatorie, neuriti ottiche, drusen del nervo ottico. Si riconoscono come fattori di rischio l'ipertensione arteriosa, il diabete e le coagulopatie sistemiche. Il quadro clinico è caratterizzato dalla perdita improvvisa della vista, non dolente e talora preceduto da episodi di amaurosi fugace. All'oftalmoscopia eseguita alcune ore dopo l'occlusione si possono osservare un assottigliamento delle arterie, emorragie a scheggia peripapillari, uno sbiancamento ischemico della retina più evidente al polo posteriore ed una macchia rosso ciliegia. Dopo circa un mese dall'evento acuto, lo sbiancamento retinico non è più apprezzabile, il nervo ottico appare pallido e possono formarsi circoli arteriosi peripapillari di compenso.
La diagnosi è condotta tramite l'esame oftalmoscopico, nei casi dubbi la fluorangiografia retinica può essere utile evidenziando un tempo braccio-retina allungato, un ritardo nel riempimento dell'albero arterioso ed un' iperfluorescenza tardiva del disco ottico. La vista è compromessa in modo grave e permanente, a meno che non sia presente un'arteria cilioretinica che irrori la regione maculare. Se la diagnosi è tempestiva ed il danno ischemico non è insorto da più di 10-20 minuti si possono adottare due provvedimenti terapeutici in modo da tentare di favorire la migrazione dell'embolo: il massaggio del bulbo oculare, o nel far respirare per alcuni minuti il paziente in un sacchetto di plastica per indurre un'ipercapnia e quindi una vasodilatazione retinica.
Dal punto di vista farmacologico possono essere impiegati streptochinasi, urochinasi ed attivatori del plasminogeno. Dopo la somministrazione di dosi d'attacco di questi farmaci il paziente deve essere trattato con eparina e seguito dall'ematologo che sulla base dei parametri della coagulazione modificherà la terapia.
Occlusione retinica di branca. L'età media dei pazienti affetti è 60 anni, più del 50 % delle occlusioni arteriose di branca sono secondarie ad emboli di provenienza cardiaca o carotidea. Vi sono casi di occlusioni di branca multiple, ricorrenti e bilaterali in pazienti più giovani, secondarie ad alterazioni sistemiche della coagulazione, vasculiti sistemiche od una microangiopatia del sistema nervoso centrale, la sindrome di Susac.
Il quadro clinico è caratterizzato da un'improvvisa perdita della vista in assenza di dolore. L'entità del deficit visivo è variabile e dipende dalla localizzazione dell'ostruzione. L'acuità visiva centrale è generalmente preservata. All'esame oftalmoscopico si osserva uno sbiancamento retinico in corrispondenza dell'area ischemica, spesso associato ad un embolo visibile. Non esiste alcun trattamento, tuttavia la prognosi visiva è buona.
Occlusione della arteria cilioretinica. Nel 20% degli occhi è possibile osservare la presenza di un'arteria cilioretinica che penetra nella retina temporalmente alla papilla. L'occlusione dell'arteria cilioretinica può essere isolata o associata ad occlusione venosa centrale e otticopatia ischemica anteriore. Nel primo caso si osserva all'oftalmoscopia un'area di pallore retinico localizzato lungo il decorso del vaso. La prognosi visiva è buona con un completo recupero in più della metà dei casi. Quando l'occlusione cilioretinica si associa ad otticopatia ischemica anteriore la prognosi visiva è sfavorevole per il danno del nervo ottico.
L'occlusione venosa retinica è la seconda patologia vascolare più frequente a livello oculare dopo la retinopatia diabetica. Si manifesta generalmente in soggetti con età superiore ai 50 anni e a seconda della localizzazione dell'ostruzione si distinguono occlusioni venose centrali o di branca.
Occlusione della vena centrale della retina: Frequentemente si trovano si trovano associate ad esso patologie sistemiche quali ipertensione arteriosa, il diabete mellito, le discrasie ematiche, il glaucoma cronico semplice o ad angolo chiuso. L’occlusione venosa centrale può essere distinta in una forma ischemica ed una forma non ischemica. Questa classificazione è utile nel definire la gestione dei pazienti, perchè fino a due terzi dei soggetti affetti dalla varietà ischemica sviluppano una neovascolarizzazione iridea ed un glaucoma neovascolare.
Forma non ischemica. E' la forma più lieve e frequente, riscontrabile nel 75% dei casi. L' acuità visiva alla diagnosi è moderatamente ridotta. All'oftalmoscopia nella fase acuta di apprezza una tortuosità delle vene retiniche associata ad emorragie puntiformi e a fiamma localizzate in tutti e quattro i quadranti retinici. Spesso si osserva un rigonfiamento della testa del nervo ottico ed un edema maculare che può essere cistoide. I reperti clinici possono scomparire completamente nei 6-12 mesi successivi all'occlusione ed il fondo oculare può apparire normale. Di solito si sviluppano microaneurismi. La diagnosi si basa sul riscontro dei reperti oftalmoscopici caratteristici. La fluorangiografia evidenzia colorazione lungo le vene retiniche, microaneurismi, dilatazione dei capillari della testa del nervo ottico. La non perfusione capillare retinica è minima o assente.
Le cause più frequenti di riduzione dell'acuità visiva sono la persistenza dell'edema maculare, le alterazioni pigmentarie maculari e le membrane epiretiniche. Una OVCR non ischemica può trasformarsi nella varietà ischemica. Raramente, nel 10% dei casi si assiste, ad un completo recupero funzionale.
Forma ischemica. Rappresenta il 20-25% di tutte le occlusioni venose retiniche centrali. L'acuità visiva all'esordio è ridotta. Oftalmoscopicamente nella fase acuta si osservano emorragie retiniche diffuse nei quattro quadranti ed al polo posteriore. Le vene retiniche appaiono dilatate e tortuose ed il disco ottico in genere è edematoso. Sono presenti numerosi noduli contonosi e talvolta può svilupparsi un edema maculare diffuso. I reperti oculari possono attenuarsi o sparire nella fase cronica. Le alterazioni permanenti comprendono alterazioni del pigmento maculari, membrane epiretiniche, fibrosi sottoretinica ed ischemia maculare. La neovascolarizzazione del segmento anteriore interessa il 60% dei pazienti, con conseguente glaucoma neovascolare. La diagnosi di OVCR ischemica si basa sui reperti oftalmoscopici. La fluorangiografia è il test diagnostico più utile per la valutazione dell'ischemia maculare e delle principali complicanze della malattia, la neovascolarizzazione del segmento anteriore e l' edema maculare. Non appena si repertano neovasi a livello del segmento anteriore è indicata una fotocoagulazione laser panretinica. La prognosi visiva finale nei pazienti affetti da OVCR appare correlata all'acuità visiva iniziale: in genere più del 90% dei pazienti presenta un' acuità visiva finale pari od inferiore a 1/10. Nessun trattamento si è rivelato efficace nel modificare la prognosi visiva dell'OVCR. Nel 20% degli occhi la vena centrale retinica entra nel nervo ottico con due rami separati che si fondono in un singolo tronco posteriormente alla lamina cribrosa. L'occlusione di uno di questi due rami provoca un'occlusione retinica che si manifesta con alterazioni che interessano tipicamente la metà superiore o inferiore della retina. La prognosi visiva e la risposta al trattamento sono simili a quelle descritte per l'occlusione della vena centrale della retina.
Occlusione venosa di branca. In questo caso l'occlusione interessa solo una diramazione della vena centrale retinica e colpisce più frequentemente i vasi temporali. Esse sono più frequenti delle occlusioni centrali. Generalmente si manifestano a livello degli incroci artero-venosi dove l' arteria e la vena presentano una tonaca avventizia comune e molto probabilmente la vena subisce in questo punto una compressione da parte dell' arteria. Il flusso vascolare turbolento e le alterazioni endoteliali determinantesi, provocherebbero la formazione del trombo e l'occlusione venosa.
Raramente, invece, l'occlusione può essere secondaria a malattie locali.
All'esame oftalmoscopico si osservano emorragie retiniche tipicamente confinate al settore di distribuzione della vena coinvolta con la predominanza di emorragie a fiamma rispetto alle puntiformi. E' possibile riscontrare la presenza di noduli cotonosi ed edema maculare, responsabile della riduzione dell' acuità visiva. La neovascolarizzazione retinica si sviluppo nel 2% dei casi ed è strettamente correlata con l'estensione delle aree ischemiche (almeno 5 diametri papillari). La diagnosi viene posta sulla base delle informazioni trasmesse dall' oftalmoscopia e dalla fluorangiografia, quest'ultima utile soprattutto nella diagnosi delle due complicanze più temibili: la neovascolarizzazione e l'edema maculare. Il trattamento laser a griglia dell'edema maculare è indicato qualora non si osservi una sua riduzione spontanea dopo 3 mesi dall'occlusione ed acuità visiva pari od inferiore a 5/10. Per quanto concerne le aree non perfuse il trattamento laser va effettuato solo quando sia apprezzabile la presenza di neovascolarizzazione.