Dal 2 al 3 per cento dei bambini presenta uno strabismo, che può essere congenito oppure apparire durante l’infanzia. Lo strabismo non è solamente un problema di tipo estetico: l’occhio strabico, infatti, può non imparare a vedere poiché il bambino usa automaticamente solo l’occhio sano. Inoltre, lo strabismo può accompagnarsi anche a difetti visivi. Per evitare che questo si verifichi è importante sottoporre un bambino ad una visita oculistica precoce, soprattutto se i genitori notano che uno dei due occhi è strabico.
L’occhio viene mosso in tutte le direzioni possibili grazie all’azione di sei muscoli: quattro retti e due obliqui. I quattro muscoli retti nascono all’apice dell’orbita e arrivano al bulbo seguendo una traiettoria diritta. Sono denominati in base alla posizione di attacco sulla sclera: retto superiore, retto inferiore, retto interno e retto esterno. Sul bulbo oculare si inseriscono anche due muscoli obliqui (obliquo superiore e obliquo inferiore), così chiamati per la loro particolare traiettoria all’interno dell’orbita.
Poiché gli occhi sono fatti per muoversi insieme, quando si attiva un muscolo di un occhio contemporaneamente si attiva un determinato muscolo dell’altro occhio (chiamato antagonista controlaterale). Se per esempio si vuole guardare verso destra, si contraggono simultaneamente il muscolo retto interno dell’occhio sinistro e il muscolo retto esterno dell’occhio destro. Il sistema motorio è condizionato da quello sensoriale che gli trasmette le necessarie informazioni per correggere sia la messa a fuoco, sia la posizione dei bulbi oculari. Allo stesso tempo, il sistema sensoriale può svolgere le sue funzioni solo a condizione che il sistema motorio operi correttamente.
Di che cosa si tratta
Per strabismo si intende un mancato parallelismo tra i due occhi. In pratica gli occhi non guardano nella stessa direzione, ma in direzioni diverse.
Si distinguono tre tipi di strabismo:
1. convergente, quando un occhio è deviato all’interno;
2. divergente, quando un occhio è deviato all’esterno:
3. verticale: quando un occhio è più basso o più alto dell’altro.
Le cause
Le cause dello strabismo sono di natura muscolare o neurogena. Il mancato parallelismo tra i due occhi dipende, quindi, da anomalie dei muscoli che muovono gli occhi, oppure dei nervi: se i nervi non funzionano correttamente, anche i muscoli vengono limitati nel movimento (il sistema sensoriale influenza quello motorio). Queste anomalie possono essere congenite e, quindi, essere presenti fin dalla nascita, oppure subentrare durante la crescita (comunque, quasi sempre durante l’infanzia).
Lo strabismo può derivare, o associarsi, anche da difetti visivi, come la miopia o l’astigmatismo.
Uno strabismo nell’adulto è spesso uno strabismo infantile trascurato o una recidiva tardiva favorita da cause diverse come: abbandoni della correzione ottica, comparsa della presbiopia, particolari condizioni di affaticamento visivo.
La diagnosi
In molti casi lo strabismo si vede a occhio nudo. In altri è meno evidente: il genitore e il medico non riescono bene a identificarlo. Per questo si può ricorrere allo specialista che, a sua volta, può consigliare un esame specifico, l’esame ortottico: in pratica si misura l’angolo di strabismo. Questo esame può evidenziare anche microstrabismi (strabismi molto poco evidenti).
In certi casi lo strabismo può essere anche una condizione transitoria (strabismo latente): si manifesta, per esempio, quando il bambino è stanco o stressato (come quando inizia l’asilo, o arriva un fratellino).
A che età
Prima dei sei mesi di vita può succedere che il piccolo sia strabico: in realtà non si tratta di una situazione preoccupante. Nei primissimi mesi, infatti, un bambino non è ancora in grado di controllare i movimenti dei due occhi né è in grado di utilizzarli contemporaneamente. Inoltre, il neonato non è capace di mettere a fuoco gli oggetti vicini (l’occhio, cioè, non è in grado di “accomodare”). Ma, soprattutto, nei primi mesi non si è ancora sviluppata la visione binoculare, quella cioè che consente agli occhi di vedere, contemporaneamente, la stessa immagine permettendo la visione in rilievo, tridimensionale. Accade perciò spesso che, quando il bambino è concentrato a fissare qualcosa, ad esempio un giocattolo, uno dei due occhi appaia deviato verso l’interno cioè verso il naso (si parla allora di esotropia) o verso l’esterno (exotropia). Questo strabismo, è quasi sempre temporaneo ed è dovuto semplicemente al fatto che l’apparato visivo non è ancora giunto a completa maturazione: quest’ultima viene raggiunta verso i sei-sette mesi. Esiste, comunque, una forma di strabismo congenito che è presente (in genere in modo costante e continuativo) fin dalla nascita e che perdura anche dopo i sei mesi di vita. Se il problema persiste o compare dopo i sei mesi, è bene rivolgersi all’oculista, per sottoporre il piccolo a una visita accurata.
L’occhio “pigro”
In caso di strabismo, il bambino può utilizzare solo uno dei due occhi per guardare, mentre l’altro rimane deviato e guarda da un’altra parte. L’occhio strabico, quindi, diventa “pigro”: non viene più utilizzato per guardare e perde così parte della sua capacità visiva.
Se il bambino guarda e fissa sempre con il medesimo occhio, con il passare del tempo, impara a trascurare la fastidiosa immagine che gli giunge dall’occhio strabico fino a sopprimerne la percezione.
Il cervello, in pratica, impara, poco a poco, a escludere le informazioni provenienti dall’occhio deviato perché creano confusione: le immagini provenienti dall’occhio deviato vengono cioè eliminate, o, meglio, soppresse.
Come intervenire
Lo specialista, una volta diagnosticato lo strabismo, attua due interventi:
1) Occlude l’occhio che vede bene con cerotti che si comprano in farmacia e che vanno indossati per un tempo variabile da bambino a bambino (è lo specialista a prescrivere la durata dell’occlusione). In questo modo si costringe l’occhio deviato a lavorare, inoltre si obbliga il cervello ad accettare le immagini sfuocate che arrivano proprio dall’occhio strabico;
2) Corregge gli eventuali difetti visivi, prescrivendo occhiali adatti alla situazione.
Se questi due interventi non riescono a risolvere lo strabismo, allora si passa intervento chirurgico
I cerotti: Per l’occlusione si utilizza una sorta di cerotto che, applicato nella zona oculare, non consente alla luce di passare. Alcuni cerotti sono dotati, all’interno, di uno schermo nero per evitare che la luce filtri, così da far riposare l’occhio sano. In genere, questi prodotti hanno adesivi ipoallergenici che evitano arrossamenti e irritazioni anche in caso di uso prolungato e sono costituiti da tessuto traspirante che non fa sudare le palpebre. In commercio esistono anche cerotti con la superficie decorata con allegre fantasie o con adesivi colorati da applicarvi sopra.
L’intervento chirurgico
L’obiettivo dell’intervento è indebolire l’azione dei muscoli che funzionano troppo, o accentuare quella dei muscoli che funzionano poco (anche in caso di lesioni ai nervi, i muscoli sono danneggiati, quindi, si interviene su questi ultimi).
L’intervento chirurgico consiste in una incisione effettuata all’interno dell’occhio (dietro il bulbo oculare), si raggiungono i muscoli che muovono l’occhio: se l’obiettivo è indebolire i muscoli, questi vengono spostati all’indietro, se, invece, si vuole rafforzarli, allora li si sposta in avanti.
L’età migliore per effettuare l’intervento è intorno ai tre anni. L’operazione, comunque, può essere effettuata anche durante l’età adulta (nel caso in cui ci siano persone che non hanno corretto il disturbo durante l’infanzia). L’intervento sui bambini viene sempre eseguito in anestesia generale. Nel caso degli adulti, invece, si può operare anche in anestesia locale o topica (con gocce di anestetico): dipende dalle caratteristiche della persona (se è impressionabile o tende a muoversi troppo è meglio l’anestesia locale o generale). Se lo strabismo è congenito, non è possibile ottenere la visione binoculare, nemmeno attraverso l’intervento chirurgico. E’ possibile, però, fare in modo che gli occhi raggiungano un certo grado di cooperazione: in questo caso è importante operare il bambino prima dei tre anni e comunque non dopo i cinque, altrimenti non è più possibile garantire la cooperazione tra i due occhi.
Dopo l’intervento
L’intervento ha una durata variabile a seconda del grado di strabismo: se si devono spostare solo due muscoli dura all’incirca 30 minuti, se, invece, è necessario agire su quattro muscoli, allora può durare anche un’ora e mezza. La tendenza attuale è di non bendare i bambini dopo l’intervento, ma di applicare solo una pomata antibiotica.
In questo modo i piccoli, quando si risvegliano, possono immediatamente riaprire gli occhi vivendo, così, in maniera meno traumatica la situazione. I risultati non sempre sono definitivi. In certi casi è necessario reintervenire a distanza di qualche mese: succede soprattutto in caso di strabismi marcati, che interesano più muscoli. La situazione va comunque valutata a distanza di tempo: a volte il secondo intervento, che sembrava necessario, non lo è più.
L’intervento non corregge eventuali difetti visivi legati allo strabismo. La persona viene dimessa, in genere, il giorno successivo all’operazione. Nei giorni che seguono l’intervento, gli occhi sono rossi. Possono presentarsi anche disturbi visivi passeggeri, lacrimazione, bruciore, prurito e a volte mal di testa. Tutti questi segni spariscono solitamente con un trattamento locale (gocce o pomata) a base di antibiotico e cortisone. La cicatrizzazione completa della congiuntiva richiede più giorni.
I consigli per i genitori
1. Prima dei sei mesi di vita può succedere che il bambino sia strabico: l’apparato visivo, infatti, non è ancora giunto a completa maturazione. Se gli occhi presentano uno strabismo intermittente (temporaneo e non costante) non è, quindi, il caso di preoccuparsi.
2. Se lo strabismo è costante, è necessario rivolgersi subito allo specialista, anche se il bambino ha pochi giorni o settimane di vita. Infatti, può trattarsi di strabismo secondario, dovuto ad altre patologie (come la cataratta).
3. Attenersi esclusivamente alle indicazioni dello specialista per quanto riguarda la manovra di occlusione.
4. Sottoporre il piccolo a controlli regolari: sia per monitorare la vista, sia per tenere sotto controllo lo strabismo e decidere per l’eventuale intervento.
5. E’ importante che i genitori siano sempre disposti a collaborare, sia prima, sia dopo l’intervento (in certi casi l’occlusione deve essere fatta anche dopo l’operazione).
La paralisi del grande obliquo: quando il bimbo reclina il capo
Piegare la testa da una parte mentre si legge, si gioca o si disegna è un fatto abbastanza comune nei bambini, che si manifesta soprattutto tra i tre e i sette-otto anni di età.
Questo atteggiamento spesso infastidisce i genitori, i quali si sentono in dovere di riprendere il figlio, sgridandolo un po', magari con dolcezza, per fargli perdere quella che, secondo loro, è solo una cattiva abitudine. Invece, spesso si tratta di una postura che il bambino è costretto ad assumere per stare più comodo, o addirittura per riuscire a vederci meglio.
E' la conclusione alla quale è giunto uno studio, condotto dall’Università di Milano su un grande numero di bambini di età prescolare e scolare, che tendevano a tenere, appunto, il capo sempre piegato da un lato. I ricercatori hanno avuto modo di verificare che, nella maggior parte dei casi, l'atteggiamento era dovuto a un disturbo di origine ortopedico-muscolare, il cosiddetto torcicollo miogeno congenito. In un alto numero di casi, poi, la postura scorretta era dovuta a un problema legato all'organo della vista.
Nello specifico, era coinvolto il muscolo obliquo superiore dell'occhio. In entrambi i
casi, non si tratta di disturbi seri, ma questi vanno approfonditi e curati in modo che non diano problemi più avanti con gli anni. Ma vediamo, nel dettaglio, di che cosa si tratta.
Lo studio
Indagare le cause che costringono i bambini a piegare la testa sempre dallo stesso lato è stato l'obiettivo di una ricerca, condotta dall'équipe di specialisti del Centro di Oftalmologia Pediatrica dell'ospedale San Paolo di Milano e coordinata dal professor Paolo Nucci, direttore del Centro stesso e Consigliere della Società Oftalmologica Italiana. Lo studio, grazie ai risultati innovativi raggiunti, ha meritato la pubblicazione sulla rivista medica statunitense American Journal of Ophthalmology.
Gli esperti hanno preso in esame 63 bambini, che frequentavano la scuola materna o i primi anni di scuola elementare. A tutti questi piccoli, il pediatra di famiglia aveva diagnosticato un atteggiamento anomalo del capo, che, secondo i pediatri, aveva cause più serie, che era il caso di indagare.
I bambini sono stati sottoposti a una serie di controlli medici specialistici, da parte di neurologi e di ortopedici. Quindi, sono stati osservati da oftalmologi. Nei confronti di questi piccoli i medici hanno osservato un'attenzione e una delicatezza particolare, per non indurre timore, ma per stimolare la collaborazione.
Ed ecco i risultati. Su 63 bambini, ben 35 tenevano la testa piegata da un lato a causa di un problema ortopedico, 25 avevano un problema alla vista. Solo nei pochi casi restanti, il problema era dovuto a problemi di tipo neurologico.
Se è 'colpa' degli occhi
Se la tendenza a piegare la testa da un lato del corpo è dovuta all'organo della vista, il bambino può avere un problema a un muscolo dell'occhio che si chiama grande obliquo. Si può trattare, cioè, della cosiddetta 'paralisi del grande obliquo'. Ecco di che cosa si tratta.
Se il muscolo non si muove.
La paralisi del grande obliquo è un difetto di un muscolo chiamato 'grande obliquo' o 'obliquo superiore' dell'occhio.
Questo muscolo, insieme con il muscolo 'obliquo inferiore' (detto anche 'piccolo obliquo') consente i movimenti di torsione dell'occhio. Questi muscoli sono inseriti sulla sclera, cioè la parte esterna, bianca dell’occhio, tra i muscoli retti orizzontali e verticali.
Sempre inseriti sul bulbo oculare, ci sono i 'muscoli retti inferiore e superiore', che permettono i movimenti verso l'alto e verso il basso. Si trovano inseriti, rispettivamente, nella parte superiore e inferiore del bulbo oculare e lo collegano con la struttura ossea interna della cavità cranica.
I 'muscoli retti mediale e laterale' (che si trovano inseriti a sinistra e a destra del bulbo) permettono i movimenti orizzontali.
Il problema nasce quando il grande obliquo non funziona bene, cioè è come paralizzato. L'occhio, quindi, non riesce ad abbassarsi e a ruotare per permettere al bambino di visualizzare e mettere a fuoco un oggetto posto in basso rispetto a lui. Il piccolo si trova allora costretto a rimediare al fatto che l'occhio non si sposta e non si torce verso il basso, spostando tutto il capo. Se non adottasse questo sistema, del tutto involontario, non riuscirebbe a mettere a fuoco gli oggetti che si trovano in basso.
Questo succede, per esempio, quando il bambino legge, disegna, gioca con piccoli oggetti. Mentre cammina o corre, invece, il disturbo si nota meno perchè durante queste attività si tende a guardare persone o oggetti posti alla propria altezza.
Perchè succede
La paralisi del grande obliquo è un disturbo congenito, cioè presente da prima della nascita, ed è legato a una minore tonicità del muscolo.
Non porta con sé conseguenze troppo serie, ma va comunque affrontato per evitare che causi un'anomalia posturale sempre più marcata.
La paralisi del muscolo non si risolve, infatti, con il progredire degli anni.
Ci vuole l'oculista
Come è stato accennato, i genitori e il pediatra di famiglia possono rendersi conto che il piccolo piega la testa per un problema visivo.
Esiste, infatti, un sistema molto semplice per verificare la presenza di paralisi del grande obliquo. Basta afferrare dolcemente la testa del bambino e indurlo a piegare il collo dalla parte opposta rispetto al lato verso il quale il piccolo tende a tenere inclinato il capo.
Se il grande obliquo ha effettivamente dei problemi, l'occhio tenderà a spostarsi verso l'alto.
Solo l'oculista, però, è in grado di confermare l'esistenza del problema e di stabilirne l'entità.
La visita
L'oculista effettua un controllo approfondito, che però non induce timore nel bambino. Gli specialisti di oggi tendono anzi a proporre la visita in modo divertente e giocoso, per tranquillizzare i piccoli e ottenere anche una certa collaborazione.
Scoprire se c'è paralisi del grande obliquo è semplice e non richiede l'ausilio di macchinari speciali. Infatti, è sufficiente muovere delicatamente la testa del piccolo avanti e indietro, a destra e a sinistra, osservando le posizioni dell'occhio.
Inoltre il medico può chiedere al piccolo di fissare alcuni oggetti, fermi e in movimento: in questo modo è possibile verificare se i due bulbi oculari si muovono in sincronia.
Un intervento semplice
Se l'oculista ha rilevato che effettivamente c'è un problema al grande obliquo, il sistema per risolvere il problema è esclusivamente di tipo chirurgico.
Si tratta di un'operazione molto semplice e veloce. L'anestesia è di tipo generale, ma solo perché in questo modo si ottiene l'immobilità necessaria all'intervento. Infatti, con l'anestesia locale i bambini piangono e si dibattono, cosa che renderebbe impossibile l'operazione. Gli anestetici utilizzati oggi, comunque, sono leggeri e ben tollerati anche dai piccoli.
Il chirurgo oculista divarica le palpebre ed effettua una piccola incisione e sposta l'obliquo inferiore, il muscolo antagonista all'obliquo superiore paralizzato, per diminuirne l’effetto motorio.
In questo modo, per un meccanismo di compenso, anche il muscolo malato, non più contrastato, acquista elasticità, riesce a muoversi e a far spostare l'occhio verso il basso.
L'intervento ha una durata di dieci minuti circa e non è nemmeno necessario indossare bende o occhiali protettivi.
Per una settimana dopo l'operazione, comunque, è necessario instillare nell'occhio operato qualche goccia di collirio antibiotico (per due o tre volte al giorno), per consentire una perfetta guarigione.