L'importanza dei Valori Fondanti
Il Presidente SOI chiede ai Medici Oculisti Italiani di essere Protagonisti Responsabili
Le recenti tristi vicende che hanno investito la SOI, amplificate dalle strumentalizzazioni messe in atto da alcuni ex soci – hanno distolto l’attenzione dal ruolo e dai valori fondanti della Società, che oltre ad essere un Ente morale, deve adoperarsi per garantire l’accesso alla miglior cura a tutte le Persone che soffrono di malattie degli occhi e quindi a rischio della perdita della vista, così come scritto dai Padri Fondatori.
Storicamente, la prima organizzazione medico-professionale è stata la New Jersey Medical Society, costituita nel 1766 con uno spirito illuministico che mirava ad abbandonare i limiti derivanti dal privilegio familiare, dinastico e gentlizio, virando verso una visione fondata sul merito, allo scopo di “to form a program embracing all the matters of highest concern to the profession: regulation of practice; educational standards for apprentices; fee schedules; and a code of ethics”, che evidentemente, a tutt’oggi, non può dirsi ancora raggiunto.
In quelle poche parole, si intravedono, in embrione, i due pilastri fondamentali che, seppur adeguati e storicizzati, ancora oggi devono (o dovrebbero) caratterizzare la funzione delle Società Medico Scientifiche.
Il primo pilastro è costituito dalla costante implementazione delle qualità professionali dei propri iscritti, che avviene attraverso il confronto, una corretta informazione, una condivisione della ricerca scientifica, una puntuale formulazione di linee guida e di buone pratiche cliniche, passando, quando necessario, per il training e la valutazione/certificazione dell’innovazione tecnica e tecnologica.
Il secondo è costituito dalla strenua difesa degli interessi professionali di parte, che devono però sempre essere rapportati all’interesse generale con l’approccio ineccepibile che deve (o dovrebbe) sempre caratterizzare ogni Società Medico Scientifica.
Il fine ultimo è quello di definire ed implementare il campo di operatività, la reputazione della specialità e degli specialisti rappresentati, che hanno animato (ed animano) la storia delle Società Medico Scientifiche, sempre mantenendo una costante tensione etica fra la tutela degli interessi legittimi degli associati, la salvaguardia dell’indipendenza della scienza medica e dei contenuti umanitari della professione e la tutela della qualità delle prestazioni assistenziali erogate ai Pazienti.
La ricerca di questo perfetto equilibrio fra aspettative di espansione delle competenze e responsabilità del ruolo professionale è proprio delle Società Medico Scientifiche, al punto che, nel 2009, ad un sondaggio effettuato dalla Società tedesca dei dermatologi sul ruolo e i doveri delle Società Medico Scientifiche è emerso che le aspettative dei Soci riguardavano: “training and additional qualification” (86.3%) e “health and professional policy” (81.6%).
A fronte di queste considerazioni va osservato che in Italia ci sono più di 300 Società Medico Scientifiche, che rappresentano circa un terzo dei medici italiani e che producono centinaia di riviste mediche, corsi, congressi nazionali e internazionali, e, a loro volta, sono spesso associate a società internazionali di riferimento: una giungla di sigle e nomi che, in alcuni casi, non rappresentano nessuno e hanno meri scopi autoreferenziali, non svolgendo attività né culturale-formativa, né scientifica. In altri casi, invece, sono effettivamente rappresentative di una comunità scientifica che cerca di prendere posizione nelle problematiche inerenti la promozione della salute e la qualità delle cure.
In aggiunta, il conflitto spesso irrisolto fra ospedalieri e universitari e fra questi e i libero professionisti (termine oggi sempre più di complesso inquadramento e identificazione e per questo maggiormente “controllato e discriminato”) determina, a fronte di cinquanta specialità mediche, il proliferare di una pletora di organizzazioni con ulteriore conseguente ed eccessivo frazionamento in sub-specializzazioni. Da ciò consegue, molto spesso, ma non in SOI, una difficoltà nel reperire fondi ed una gestione troppo orientata all’organizzazione di eventi congressuali, dei quali spesso si avverte più l’eccesso che la necessità, con risultati del tutto insufficienti e con una formazione lacunosa per contenuti (troppo spesso ritagliati sulle imposizioni fatte dalle industrie che conferiscono i fondi) e per qualità. Spesso i tristi protagonisti di tali vicende sono professionisti “noti” frequentatori degli Uffici dei direttori commerciali delle aziende, ma assolutamente “ignoti” nelle aule scientifiche, spesso conosciuti quali autori di pubblicazioni scritte o promosse sotto dettatura dalle stesse aziende da cui vengono “straordinariamente” remunerati.
Malgrado tale modus operandi sia completamente avulso dai criteri scientifici, indifferente ai gold standard e inottemperante al principio fondamentale knows, knows how, shows how, does, si deve purtroppo evidenziare che la normativa del nostro Paese non lo abbia mai ostacolato: anzi, tutt’altro.
Nel 2004, il Prof. Girolamo Sirchia (allora Ministro della Salute) aveva emanato un decreto che stabiliva i requisiti richiesti alle Società Medico Scientifiche e alle associazioni tecniche delle professioni sanitarie per poter fare formazione: tale decreto venne annullato dalla Corte Costituzionale sulla base di una impugnativa avviata dalla Provincia Autonoma di Trento, che di fatto bloccò un primo ardito tentativo di regolamentazione. Partecipai all’organizzazione di questo virtuoso progetto in qualità di Consigliere Fism (Sirchia è stato il Fondatore e Presidente della FISM) e malgrado la mia conseguente nomina nel Consiglio Superiore di Sanità per 5 anni, non riuscii a sostenerlo.
Successivamente, nel 2017, si tentò, in modo direi invano, considerati i risultati, di dare attuazione ad una complessa procedura per la realizzazione di linee guida (art. 5 della Legge 24/2017: Legge Gelli-Bianco), con un decreto nel quale erano indicati, all’art. 2, i requisiti minimi necessari per poter accedere ad un apposito Elenco ministeriale delle Società Medico Scientifiche riconosciute.
Un nobile e condivisibile intento, naufragato per gli assalti e i condizionamenti messi in atto da chi non ha mai posseduto e mai potrà possedere i corretti e necessari requisiti. Infatti, al fine di garantire una effettiva rappresentatività, la norma prevedeva fra i requisiti minimi, che per potersi iscrivere, una società scientifica doveva rappresentare almeno il 30% degli specialisti iscritti: quindi, nel nostro caso, se gli oculisti italiani sono 7.000, per potersi iscrivere una società doveva avere almeno 2.100 soci in regola. Un criterio a dir poco minimale per evitare di doversi confrontare con chi, nello specifico, non possiede la competenza, la conoscenza e la capacità necessarie. Nel caso in cui le società non fossero autonomamente in grado di raggiungere tale limite, avrebbero potuto consorziarsi o unirsi al fine di ottenere questa iscrizione.
Tale disposizione, pur rispondendo ad una logica evidente, creava, però, problemi ad alcune categorie di professioni sanitarie(infermieri) che, pur annoverando diverse centinaia di migliaia di operatori sanitari, non avevano una società scientifica con i requisiti del 30% di rappresentatività. Alla luce del peso politico della questione il Ministero della Salute, con una propria Circolare, decise di derogare, soprattutto nella prima fase dell’entrata in vigore delle disposizioni, a quanto previsto dalla normativa, in modo da consentire a tutte le società di iscriversi, comunque, all’Elenco delle Società Scientifiche, ormai non più Medico Scientifiche riconosciute. Una soluzione che desta notevoli perplessità sotto il profilo giuridico e che, di fatto, sminuisce del tutto la portata originaria della norma, confermando il ruolo marginale che le Società Medico Scientifiche rivestono a livello burocratico. In aggiunta, risulta altrettanto incomprensibile la mancata previsione di una collaborazione fattiva tra il Governo, le principali Società Mediche e gli organismi di politica sanitaria nazionali e regionali, soprattutto nella definizione dei requisiti di accreditamento delle strutture sanitarie (strutturali, tecnologici, organizzativi), dei professionisti (conoscenze, competenze, attitudini), nell’individuazione degli indicatori di qualità (sicurezza, efficacia, efficienza, appropriatezza), nella definizione dei livelli essenziali di assistenza e soprattutto nell’individuazione delle linee guida che siano realmente rispondenti agli standard metodologici internazionali, in modo da favorirne la diffusione (anche rispetto alla giurisprudenza in materia di responsabilità professionale), ecc. e poter impedire l’affermazione di un SSN autarchico, di bassa qualità, privo delle risorse necessarie e che oggi molti considerano in stato fallimentare ad eccezione di chi ha deciso di non volersi addossarsi alcuna responsabilità.
I succitati punti strategici avrebbero dovuto essere condivisi con le Società Medico Scientifiche in quanto detentrici del know-how professionale e di una visione clinica dei problemi complessi, mentre, nella realtà, la politica ha deciso per anni in completa autonomia, basando le proprie scelte esclusivamente sul contenimento della spesa e perdendo di vista il punto centrale della sanità: il paziente.
Altro tema è quello della capacità delle Società Medico Scientifiche di proporsi come élite professionale, con tutte le implicazioni conseguenti: ovvero se siano in grado di rappresentare un “gruppo di riferimento di valore” quando questo è eroso (se non eliminato) dai conflitti di interesse, dall’esistenza di regole poco chiare sulle sponsorizzazioni, dalla scarsa indipendenza della ricerca e della formazione.
Da questa prospettiva vanno considerati i fatti vissuti da SOI nell’ultimo periodo.
Ad iniziare dagli ex Consiglieri che hanno deciso di giocare il tutto per tutto, facendo quanto in loro potere per tentare di ribaltare quanto fatto dalla SOI nella nota vicenda Avastin/Lucentis, al fine di compiacere le società farmaceutiche interessate, agendo spregiudicatamente per rimuovere ogni ostacolo esistente: in particolare, il Presidente.
Non essendo riusciti nel primo intento, è iniziata la fase del discredito, attraverso la diffusione di notizie evidentemente false e calunniose: né è riprova il fatto che in presenza di elementi seri e fondati da contestare avrebbero immediatamente fatto seguito esposti alla Procura della Repubblica, cosa mai accaduta data l’inconsistenza e l’illegittimità di quanto da loro attuato.
Infine, hanno utilizzato la loro rete di discutibili relazioni per cercare di bloccare l’attività della SOI nel tentativo di condizionare il voto assembleare e, ancora una volta, costringendo i loro sodali a rispondere alle richieste di spiegazione con risposte prestampate, senza avere nemmeno la capacità e il buon senso di parafrasarle.
Sul punto, occorre ricordare che l’art. 7 dello Statuto SOI qualifica giustamente come illegittime le “attivita? organizzate, sistematiche e preordinate in contrasto con le attivita? associative, nonche? per attivita? o iniziative che in qualsiasi modo si pongono in contrasto con le finalita? associative”.
Alla fine, il quadro delle relazioni condizionate all’interno della SOI si è chiarito e la Società ha messo in moto quanto necessario per ripristinare i valori fondanti, che pongono al centro delle attività istituzionali la qualità specifica derivante dal proprio ruolo di Ente Morale.
Tali azioni sono state intraprese anche in prospettiva futura, affinchè si possa procedere con la garanzia di avere sempre dei riferimenti competenti, indipendenti e adeguati la cui azione sia orientata esclusivamente dalla legittimità etica e scientifica nella consapevolezza del ruolo istituzionale che SOI ricopre da oltre 150 anni.
E’ tanto indispensabile quanto necessario che questi principi siano indelebili e fortemente condivisi da ogni socio, in quanto elementi distintivi e caratterizzanti, che uniti ai valori motivazionali ed allo spirito di appartenenza, di entusiasmo oltre che ad un elevato grado di coerenza e coesione interna, possano costituire un sicuro punto di riferimento, in coerenza con la deontologia e l’etica che da sempre ci contraddistinguono.
Grazie per aver fatto grande la SOI
Dottor Matteo Piovella
Presidente Società Oftalmologica Italiana
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